Una mattina di giugno di un anno imprecisato di inizio millennio. Quattro kamikaze si fanno esplodere in quattro punti diversi di Milano uccidendo civili e gettando nel panico una città e una nazione. Sono attentati di matrice araba che rientrano in quello che, a partire dagli anni Novanta, chiamiamo “scontro di civiltà”. Si fanno i conti con i morti e con i feriti, si fanno i conti con una classe politica rozza e meschina che appare totalmente impreparata ad affrontare un’emergenza di questa portata, si fanno i conti soprattutto con le certezze che vengono meno in ciascuno di noi. Quattro personaggi – un antiquario (Tommaso), una manager che opera nell’alta finanza (Agata), un piccolo affarista impelagato in loschi traffici (Andrea) e un avvocato (Teresa) – tutti tra i trenta e i quarant’anni, rappresentanti di una generazione inconcludente, arruffona, spaventosamente abulica, bollita da una giovinezza dilatata ad libitum, si ritrovano loro malgrado coinvolti, o semplicemente lambiti, da fatti più grandi di loro e da un mondo che improvvisamente gli dichiara guerra.